martedì 18 marzo 2014

Toccare un nervo scoperto della tribù anti-scienza: Lawrence Torcello sulla disinformazione sul clima

Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR

Lawrence Torcello deve aver toccato un nervo scoperto della tribù anti-scienza, almeno a giudicare dagli insulti che sta ricevendo per questo articolo, (provate a cercare “Torcello” e “climate” su Google e vedrete cosa intendo). Nell'articolo, Torcello comincia dal terremoto del 2009 che ha colpito la città de L'Aquila, causando centinaia di vittime. Ne è seguito un processo in cui diversi scienziati italiani sono stati accusati di negligenza colposa e giudicati colpevoli. In alcuni casi, i giudici sono stati accusati di “medievalesimo”, ma in un commento al blog di Michael Tobis ho osservato che gli scienziati, qui in Italia, si sono fatti prendere dalla loro paura di essere etichettati come “catastrofisti” ed hanno finito per dire ai cittadini che non c'era ragione per preoccuparsi a causa di un possibile terremoto. Il collegamento con l'attuale dibattito sul clima è evidente e Torcello lo esamina qui in profondità.

Ugo Bardi 

La disinformazione sul clima è negligenza colposa? 

Di Lawrence Torcello 

L'importanza di comunicare chiaramente la scienza la pubblico non dovrebbe essere sottovalutata. Capire bene il nostro ambiente naturale e condividere quell'informazione può essere una questione di vita o di morte. Quando si tratta di riscaldamento globale, gran parte del pubblico rimane nella negazione riguardo una serie di fatti sui quali la maggioranza degli scienziati concorda. Con una posta così alta, una campagna di disinformazione dovrebbe essere considerata negligenza colposa. Il terremoto che ha scosso L'Aquila nel 2009 fornisce un caso di studio interessante di comunicazione raffazzonata. Questo disastro naturale ha lasciato più di 300 vittime e quasi 66.000 senzatetto. In una strana successione di eventi, sei scienziati italiani e un funzionario locale della Protezione Civile sono stati successivamente condannati a sei anni di prigione.


La sentenza è stata pensata comunemente per condannare gli scienziati che hanno mancato di prevedere un terremoto. Al contrario, come l'esperto di valutazione del rischio ha indicato David Ropeik, il processo è stato in realtà sul fallimento degli scienziati nel comunicare chiaramente i rischi al pubblico. Le parti condannate sono state accusate di fornire “informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie”. Come ha dichiarato un cittadino:

Tutti sappiamo che i terremoti non possono essere previsti e che l'evacuazione non era un'opzione. Tutto ciò che volevamo era un'informazione più chiara sui rischi, in modo da fare le nostre scelte.

Il punto cruciale è che gli scienziati, quando sono stati consultati sulle scosse in corso nella regione, non hanno concluso che un terremoto devastante fosse impossibile a L'Aquila. Ma quando il Ministro della Difesa ha tenuto una conferenza stampa dicendo che non c'era pericolo, non hanno fatto alcun tentativo di correggerlo. Non credo che la comunicazione scientifica fatta male debba essere criminalizzata, perché fare questo probabilmente scoraggerebbe gli scienziati dal coinvolgersi col pubblico.

Ma la tragedia de L’Aquila ci ricorda quanto sia importante la comunicazione scientifica chiara e quanto ci sia in gioco riguardo alla comprensione pubblica della scienza. Altrove ho sostenuto che gli scienziati hanno un obbligo etico di comunicare le proprie scoperte quanto più chiaramente possibile al pubblico, quando tali scoperte sono rilevanti per la politica pubblica. Analogamente, credo che gli scienziati abbiano il conseguente obbligo di correggere la disinformazione pubblica in modo piì visibile ed inequivocabile possibile. Molti scienziati riconoscono questi obblighi morali civici. Il climatologo Michael Mann ne è un buon esempio; Mann di recente ha posto il problema dell'impegno pubblico in un editoriale sul New York Times: Se vedi qualcosa, dì qualcosa.

Disinformazione e negligenza colposa 

Tuttavia, i critici del case de L'Aquila si sbagliano se concludono che la negligenza colposa non dovrebbe mai essere collegata alla disinformazione scientifica. Considerate i casi in cui la comunicazione della scienza viene attaccata intenzionalmente per tornaconto politico o finanziario. Immaginate se a L'Aquila, gli scienziati stessi avessero fatto un tentativo di comunicare il rischio di vivere in una zona sismica. Immaginate che anche avessero raccomandato un piano scientificamente informato ma costoso di preparazione al terremoto.

Se quelli con un interesse politico o finanziario all'inazione avessero finanziato una campagna organizzata per screditare le scoperte riconosciute della sismologia, e per qualche ragione non ci si fosse affatto preparati, molti di noi sarebbero d'accordo sul fatto che in finanziatori della campagna negazionista sarebbero stati criminalmente responsabili delle conseguenze di quella campagna. Io sostengo che questo è proprio quello che sta succedendo con l'attuale e ben documentato finanziamento del negazionismo del riscaldamento globale. Molte più morti di quelle del terremoto de L'Aquila possono essere attribuite al cambiamento climatico e possiamo essere certi che le morti per il cambiamento climatico continueranno ad aumentare col riscaldamento globale. Ciononostante, il negazionismo climatico rimane un serio deterrente contro una significativa azione politica negli stessi paesi che sono maggiormente responsabili della crisi.

Finanziamento del negazionismo climatico

Abbiamo buone ragioni per considerare che il finanziamento del negazionismo climatico sia criminalmente e moralmente colposo. L'accusa di negligenza criminale e morale dovrebbe essere estesa a tutte le attività dei negazionisti climatici che ricevono un finanziamento come parte di una campagna per minare la comprensione pubblica del consenso scientifico.

La negligenza colposa viene normalmente intesa come risultato di mancanze nell'evitare pericoli ragionevolemtne prevedibili o la minaccia di danni alla sicurezza pubblica conseguente a certe attività. Coloro che finanziano le campagne di negazionismo climatico possono ragionevolmente prevedere la diminuzione della capacità del pubblico di rispondere al cambiamento climatico come risultato del loro comportamento. Infatti, l'incertezza pubblica riguardo alla scienza del clima, e la risultante mancata risposta al cambiamento climatico, è lo scopo intenzionale dei negazionisti motivati.

La mia argomentazione probabilmente solleva un comprensibile, se fuorviata, preoccupazione riguardo alla libertà di parola. Dobbiamo fare la distinzione cruciale fra la libertà di di ognuno di dire le proprie credenze impopolari e il finanziamento di una campagna organizzata strategicamente per minare la capacità pubblica di sviluppare ed esprimere opinioni informate. Proteggere la seconda come forma di libertà di parola forza la definizione di libertà di parola fino al punto di minarne il concetto stesso.

Cosa dobbiamo farne di coloro che stanno dietro al ben documentato finanziamento da parte delle multinazionali del negazionismo del riscaldamento globale? Coloro che si battono per assicurarsi che vengano date al pubblico “informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie”? Credo che li capiamo correttamente se sappiamo che non solo sono corrotti e subdoli, ma criminalmente negligenti nel loro intenzionale disprezzo della vita umana. E' tempo che le società moderne interpretino e aggiornino di conseguenza il loro sistema legale.