sabato 24 novembre 2012

Uragano Sandy e Cambiamento Climatico: dalla compiacenza al panico

Di Ugo Bardi. Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Secondo James Schlesinger, gli esseri umani hanno solo due modi di operare: compiacenza e panico. Questa è una descrizione adatta al nostro atteggiamento verso il cambiamento climatico. Finora, siamo stati in “modalità compiacenza”, ignorando il problema. Grandi disastri, come l'uragano Sandy, potrebbero spingerci dalla compiacenza al panico. In questo caso, potremmo entrare in una condizione di piena “modalità sopravvivenza” e dimenticare le vere cause di quanto sta accadendo.
 (Immagine da Bloomberg)

L'uragano Sandy ha colpito New York solo pochi mesi dopo la drammatica fusione del ghiaccio dell'Artico di quest'estate. La fusione ha a malapena generato un mormorio nei notiziari, ma non è passato inosservato. Ha provocato una forte sensazione di urgenza che è apparsa come una posizione più aggressiva quando Sandy ha colpito. Laddove in altre occasioni gli scienziati sono stati molto cauti nel collegare eventi specifici al cambiamento climatico, stavolta la cosa è stata differente. Questo, a sua volta, ha condizionato i media e la copertina di Bloomberg Bisinessweek, il cui titolo “E' il riscaldamento globale, stupido!” rappresenta un punto di svolta in questo atteggiamento.

Così, oggi vediamo un tentativo di costruire una strategia di comunicazione che potrebbe portare il cambiamento climatico in cima alle nostre priorità percepite. In questo senso, Sandy potrebbe essere considerato lo strumento che ci accompagna a questo. Ma funzionerà? Su questo punto, Andy Revkin ha pubblicato una nota dal titolo “Perché il disastro climatico potrebbe non far crescere l'Impegno pubblico sul cambiamento climatico”

Revkin cita ampiamente un testo di George Marshall, un esperto di comunicazione climatica. Il nocciolo della posizione di Marshall è che i disastri tendono a generare una reazione immediata laddove la gente tende a sviluppare un atteggiamento di coesione sociale, valori della comunità ed aiuto reciproco. In altre parole, la gente entra in “modalità sopravvivenza” e non ha tempo da dedicare alla comprensione di quali siano le vere cause di quello che gli sta accadendo. Infatti, non c'è prova che la gente colpita da disastri legati al clima come siccità, ondate di calore, alluvioni e simili abbia fatto la connessione fra quegli eventi e il cambiamento climatico.

Ciò conferma fondamentalmente quanto detto da James Schlesinger sui “due modi di operare” degli esseri umani: compiacenza e panico. Se ci troviamo in “modalità compiacenza”, non ci importa di prevenire possibili disastri. Se ci troviamo in “modalità panico”, non abbiamo tempo da dedicare alla prevenzione dei disastri.

Se questo è il modo in cui stanno le cose, abbiamo un grosso problema: se i disastri climatici sono rari, la gente rimarrà in modalità compiacenza e non unirà i puntini. Dall'altro lato, se i disastri climatici diventano molto frequenti, la gente entrerà in modalità panico e non avrà tempo per unire i puntini.

Quindi, è improbabile che l'uragano Sandy sia la bacchetta magica che porta il cambiamento climatico in cima alle priorità del mondo. Ciononostante, esso ci offre uno spiraglio di opportunità, almeno se non saremo colpiti da una sequenza di disastri così rapida che non ci sarà tempo per  pensare a quanto sta accadendo. Proprio ora che la fase di emergenza è finita, c'è tempo per fermarsi e riflettere sulle ragioni del disastro. Se lo facciamo, potremmo avere una possibilità di trovare un equilibrio precario fra compiacenza e panico: possiamo rimettere il cambiamento climatico al vertice delle priorità mondiali.


E' solo questo: uno spiraglio di opportunità. Sta a noi coglierla.