martedì 9 aprile 2013

Jorgen Randers: il futuro che verrà

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR



di Ugo Bardi

Jorgen Randers ha presentato la versione italiana del suo libro “2052” a Roma il 5 aprile 2013. Quello che segue è un sunto di quello che ha detto in quell'occasione, secondo la mia interpretazione. Mi scuso in anticipo per quello che potrebbe essermi sfuggito o male interpretato del lungo discorso di un'ora di Randers, ma penso che questo testo ne descriva lo spirito.



Presentando il suo libro “2052”, Jorgen Randers comincia con una dichiarazione audace: “Non vi racconterò come potrebbe essere il futuro, ma come sarà il futuro”. Potreste pensare che ciò dimostri un bel po' di tracotanza ma, se seguite il ragionamento di Randers vedrete che ha le sue ragioni.

Randers è uno degli autori del famoso rapporto su “I Limiti dello Sviluppo” al Club di Roma. Pubblicato nel 1972, il libro ha provocato un bel po' di trambusto ed è stato ampiamente male interpretato come una profezia di sventura. Non era così e, in questo discorso, Randers riassume quello che lui e i suoi coautori hanno fatto. Non hanno fatto alcuna profezia, ma piuttosto hanno creato un 'ventaglio' di 12 scenari diversi per il futuro del mondo fino al 2100. Alcuni di questi scenari vedevano il declino e il collasso dell'economia, alcuni vedevano la stabilizzazione e la prosperità. Quale dei due gruppi di scenari si sarebbe manifestato dipendeva dal fatto che la razza umana facesse le scelte giuste o sbagliate nell'affrontare l'inquinamento, lo sfruttamento delle risorse e la crescita della popolazione.

Un problema coi “Limiti dello Sviluppo” è stato che gli autori non hanno mai specificato per mezzo di quale meccanismo la civiltà umana avrebbe potuto sviluppare il consenso necessario per fare le scelte giuste, le quali avrebbero comportato tutte qualche sacrificio a breve termine. Dopo 40 anni di lavoro, Randers è giunto ad una conclusione: non esiste nessun meccanismo del genere. Le scelte giuste non sono state fatte e non saranno mai fatte.

Oggi, dice Randers, non c'è più un ventaglio di scenari buoni e cattivi, ce n'è solo uno. E non è piacevole. Può solo essere quello del declino della nostra società sotto l'effetto della sovrappopolazione, del declino della disponibilità di risorse e del danno diffuso causato dall'inquinamento e dal cambiamento climatico. L'inizio del declino potrebbe arrivare prima o dopo, il collasso potrebbe essere più rapido o più lento, ma la forma del futuro è determinata.

Randers afferma che c'è un modo semplice per descrivere le ragioni che ci stanno portando a questo futuro spiacevole: la gente fa sempre la scelta che comporta i costi minori a breve termine. Il problema è tutto lì: finché scegliamo la strada più semplice non abbiamo alcun controllo su dove stiamo andando.

Immaginate di essere in una foresta. Credete che scegliendo sempre il sentiero più facile di fronte a voi vi possa riportare a casa? Ma questo è quello che facciamo: anche se sapessimo che non è questo il modo per andare dove ci piacerebbe essere. Siamo riluttanti, per esempio, ad investire in energia rinnovabile finché i combustibili fossili rimangono anche leggermente meno cari e possiamo negare i loro costi esterni sotto forma di inquinamento e cambiamento climatico. Ma questa scelta è basata su considerazioni a breve termine e ci causerà danni terribili a lungo termine.

Perché non riusciamo a fare meglio. Qui Randers propone che la “visione a breve termine” è profondamente radicata nella mente delle persone e si riflette nel nostro sistema decisionale democratico. E' stato accusato di essere contro la democrazia, ma lui sostiene di non avere nulla contro la democrazia: il problema è che la democrazia è il risultato della “visione a breve termine” umana. Fa l'esempio di un politico illuminato che decide di introdurre una carbon tax. Gli elettori scoprono presto che la carbon tax sta rendendo più care benzina ed elettricità. Di conseguenza, quel politico non sarà rieletto. E' semplice e succede in continuazione.

Naturalmente, potreste obbiettare che se le persone venissero istruite sul cambiamento climatico, a quel punto accetterebbero una carbon tax – di fatto la reclamerebbero. Forse, ma Randers è scettico. Dice che ha passato decenni della propria vita a formare generazioni di manager sulla sostenibilità e la scienza dell'ecosistema. Ed ha visto quelle generazioni prendere esattamente le stesse decisioni sbagliate che prendevano le generazioni precedenti che non avevano avuto quella formazione.

La natura umana è difficile da battere. Randers racconta come lui e i suoi colleghi hanno discusso sulla dimensione di un disastro naturale che avrebbe potuto svegliare il pubblico alla realtà della distruzione dell'ecosistema. Poi è arrivato l'uragano Katrina e, più tardi, Sandy. Entrambi sono stati disastri della dimensione che serviva. Ma sono stati inutili come sveglie: il pubblico non ha reagito. Oggi, tre americani su otto pensano ancora che il riscaldamento globale sia una truffa.

Randers ha visto il nemico e il nemico siamo noi.