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giovedì 16 aprile 2015

Declino energetico e cambiamento di modello culturale

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR


di Antonio Turiel


Cari lettori,

una delle questioni che sono state trattate in modo frammentario in questi cinque anni di post è la necessità di un cambiamento culturale profondo per fare in modo che la nostra società possa far fronte alla decrescita energetica. La maggior parte delle discussioni che ho sviluppato nel blog hanno avuto a che fare con diversi aspetti del cambio di modello economico e finanziario. Qualche giorno fa abbiamo discusso su queste stesse pagine alcuni aspetti chiave dei cambiamenti necessari nel nostro modello di assegnazione delle risorse, che alla fine è una discussione sulla struttura di fondo che deve avere un modello economico che possa funzionare quando l'energia sia meno abbondante.

Gli aspetti che ho analizzato in quel post, e ancora di più le ricette che ho proposto per ottenere strutture che possano resistere ad un processo tanto acuto come la decrescita energetica, non erano meramente economiche: alla fine dei conti, un sistema feudale in cui la maggioranza vive sulla soglia della sussistenza potrebbe ottenere facilmente gli obbiettivi di sostenibilità e resilienza per garantire la sua continuità nel tempo. Tuttavia, nella mente di tutti c'è l'interesse di preservare alcuni aspetti che abitualmente sono considerati desiderabili del modello sociale attuale (le pari opportunità, l'uguaglianza di fronte alla legge, la democrazia, l'educazione e la sanità universali, …), ben oltre il tutt'altro che ideale – a volte persino grottesco – livello in cui si trovano oggigiorno queste conquiste sociali.

Molta gente che conosce la problematica della crisi energetica da per scontato che queste strutture di carattere ugualitario siano esclusivamente frutto dell'abbondanza energetica e che senza di essa non potranno essere mantenute. Tuttavia, la grande diversità di sistemi di organizzazione sociale che si possono trovare nella Storia dell'Umanità, soprattutto se ci si allontana dalla visione prevenuta che è la norma nel mondo occidentale, indica che non è del tutto evidente che i nostri unici punti di arrivo della nostra società siano l'autoritarismo o l'estinzione.

Discutere di questi aspetti in profondità e adeguatamente richiederebbe un approccio da parte di Antropologia, Storia e Sociologia che prendessero in considerazione allo stesso tempo le crude realtà della Fisica, della Geologia e dell'Ecologia. Poche persone hanno questa capacità di sintesi. In generale sono i filosofi, come Jorge Riechmann, quelli che fanno questo sforzo di comprensione – nel senso di includere - tutto questo problema poliedrico. Ma non mi risulta che gente proveniente dalle ultime tre discipline che elencavo sopra facciano lo sforzo di avvicinarsi alle prime tre (forse fra i pochi che potrebbero farlo c'è il mio collega Antonio García-Olivares). Naturalmente io non ho le conoscenze, né il bagaglio culturale, né la capacità necessari ad affrontare con qualche garanzia questa discussione. Ma non per questo il dibattito dev'essere ignorato e capisco che nel contesto di questo blog, che pretende essere soltanto uno strumento divulgativo, sicuramente questa discussione non può essere ulteriormente posticipata.