sabato 2 novembre 2013

Il convegno "Science and the Future" - una questione di buon senso


Commodity
Import (BEur)
Export (BEur)
Difference (BEur)
Year
Source
Fossil fuels
66
0
-66
2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/18/energia-record-della-spesa-nazionale-66-miliardi-di-euro-nel-2012/266972/
Crude Oil
22
0
-22
2012
http://www.martinbuber.eu/energia/documenti/Energia%20Italia%202012.pdf
Steel
14
12
-2
2012
http://trade.nosis.com/it/Comex/Importazione-Esportazione/Italia/Fundicion-hierro-acero/IT/72
Aluminum
1.7 million tons/ ca. 3 billion euros
0
-3
2010
Food and agricultural
40
30
-10
2011
http://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/8%252F3%252F3%252FD.0a347d20d676c50506b1/P/BLOB%3AID%3D7419
Total commodities
140
27
-113
2011

Totale imports/exports
400
388
-12
2011
Totale bilancia commerciale


- 1-2
2013
ISTAT

fare emergere un dibattito concreto e sempre più necessario a tutti i livelli della scienza, della cultura e della politica. - See more at: http://scienceandthefuture.polito.it/homer/?q=node/2#sthash.v5MT2Oyz.dpuf
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Qui sopra, vedete una tabella con alcuni dati sulle importazioni di materie prime in Italia. E' una delle immagini che ho presentato la settimana scorsa al convegno "Science and the Future" a Torino. Notate che si parla di cifre ragguardevoli: 66 miliardi di soli combustibili fossili nel 2012, un totale di oltre 110 miliardi. A questo va aggiunto il deficit dell'agricoltura; che sono altri 10 miliardi di Euro buoni

Se comparate questi valori al totale del PIL italiano (circa 1500 miliardi) può sembrare che non sia una cifra poi così grande. Ma considerate anche che i prezzi delle materie prime sono aumentati in media di un fattore fra 3 e 5 negli ultimi dieci anni. Questo vuol dire che oggi le importazioni pesano sulla nostra bilancia dei pagamenti per una buona ottantina di miliardi all'anno in più di quanto non facessero nel passato. E' una bella cifra se pensate che il gettito totale dall'IMU dell'anno passato (di cui si è tanto discusso) è stato di meno di 24 miliardi di Euro.  

E' solo una questione di buon senso che gli aumenti dei prezzi delle materie prime debbano avere un effetto sulla crisi in atto. Eppure, queste cose sono completamente al di fuori del dibattito politico e nessuno mai si azzarda mai a pronunciare la temuta parola "esaurimento delle risorse".

Perlomeno, a Torino abbiamo cominciato a parlarne seriamente; come pure a parlare seriamente del problema climatico. Chissà che non sia un inizio!





Sul convegno di Torino, vedi anche i commenti e le interviste su Ambiente Italia
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domenica 27 ottobre 2013

"Science and the Future" a Torino





Comincia domani, Lunedì 28 Ottobre 2013, "Science and the Future". Il convegno organizzato principalmente dal professor Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino sul contributo della scienza per capire e programmare (per quanto possibile) il nostro futuro.

C'è un bel gruppo di oratori - incluso il ministro del lavoro Enrico Giovannini e il segretario generale del Club di Roma Ian Johnson, che parleranno entrambi Lunedì mattina. Una bella occasione di discutere di cose di cui, normalmente non si parla. Speriamo che abbia una buona risonanza sui media!

Qui il programma del convegno



venerdì 25 ottobre 2013

L'attacco alle persone nel dibattito sul cambiamento climatico




Mi è capitato fra le mani un testo interessante dalla rivista "Psicologia"; ve ne trascrivo un pezzetto che mi è parso particolarmente rilevante al dibattito sul clima.

Ci deve essere, evidentemente una qualche forma di vantaggio nel criticare gli avversari. Gli studi in questo ambito lo confermano e lo spiegano. E' il caso delle esperienze condotte dagli psicologi George Bizer e Richard Petty (2005) effettuate con due gruppi di volontari. Quelli del primo gruppo avevano visionato un messaggio elettorale che incitava a votare per X (personaggio fittizio). Quelli del secondo gruppo avevano visionato un messaggio dello stesso tipo sul candidato X che però, in più, criticava li programma e i comportamenti di Y, l'avversario. Dopo questa prima fase, la maggior parte dei soggetti di entrambi i gruppi scelsero di votare per X. .. (poi) Bizer e Petty mostrarono a tutti quanti un messaggio che criticava la politica di X. Il risultato soprendente fu che quelli del primo gruppo, che inizialmente avevano ricevuto soltanto messaggi a favore di X, dopo le critiche cambiarono parere e scelsero Y. I partecipanti del secondo gruppo, invece, che erano stati conquistati alla causa di X con degli argomenti anti Y, restarono favorevoli a X. (Bizer G., Petty, R (2005) Political Psychology 26(4) 553.)

Ora, quelli che attaccano la scienza del clima da una posizione anti-scientifica hanno chiaramente assimilato molto bene questi concetti. Tutta la questione del "climategate" è un attacco agli scienziati che mira a demonizzarli. Quello che è preoccupante è che il lavoro di Bizer e Petty sembra risultare valido anche in questo campo: demonizzare gli avversari è efficace. La questione del "climategate" ha fatto breccia nelle menti di molta gente - si discute e si discute di fisica dell'atmosfera e di dati ma, alla fine, viene sempre fuori, "si, è tutto vero, ma gli scienziati hanno confessato di aver alterato i dati....." Per non parlare poi dei violenti attacchi personali verso i climatologi più in vista, come Michael Mann e James Hansen. Insomma, il dibattito sul clima non è uno scontro con il fioretto ma, semmai, un duello medievale con lo spadone a due mani.

Questo vuol dire che nel dibattito sul clima dobbiamo fare la stessa cosa con i negazionisti climatici, ovvero insultarli personalmente? Personalmente, direi di no per varie ragioni. Una è che in queste cose vale anche il primo principio di John Wayne che dice che "se tiri fuori la pistola, aspettati che qualcuno ti spari". Partire con gli insulti vuol dire essere sicuri di essere insultati.

Vale anche il principio espresso dal maestro Zen Hofuso Lamoto che dice "non metterti a discutere con un imbecille, chi ti sta intorno potrebbe non capire la differenza". Per cui, continuiamo a discutere con calma. In ogni caso, qualsiasi cosa facciamo, la tattica dell'insulto continuerà a venire usata contro la scienza e gli scienziati.








martedì 22 ottobre 2013

L'acidificazione degli oceani

Sovra-sfruttamento della pesca ed inquinamento sono parte del problema, dicono gli scienziati, avvertendo che un'estinzione di massa delle specie potrebbe essere inevitabile.

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (Peak & Transition Translators Team)

Di Fiona Harvey


Il corallo è particolarmente a rischio a causa dell'acidificazione e dell'aumento delle temperature. Foto: Paul Jarrett/PA

Gli oceani sono più acidi ora di quanto lo siano stati per almeno 300 milioni di anni a causa delle emissioni di biossido di carbonio provocate dalla combustione di combustibili fossili e di conseguenza una estinzione di massa di specie chiave potrebbe essere già quasi inevitabile, hanno avvertito giovedì eminenti scienziati marini. Una revisione internazionale della salute degli oceani ha scoperto che il sovra-sfruttamento della pesca e l'inquinamento contribuiscono a loro volta alla crisi, in una combinazione mortale con altre forze distruttive che mettono in pericolo la vita marina, dalla quale dipende la vita di miliardi di persone per il nutrimento e i mezzi di sussistenza.

Nell'avvertimento più duro mai fatto sulla minaccia alla saluta dell'oceano, l'International Programme on the State of the Ocean -IPSO (Programma Internazionale sullo Stato degli Oceani) ha detto: “Questa [acidificazione] è senza precedenti nella storia conosciuta della Terra. Stiamo per entrare in un territorio sconosciuto di cambiamento dell'ecosistema marino e stiamo esponendo degli organismi ad una pressione evolutiva intollerabile. La prossima estinzione di massa potrebbe essere già iniziata”. L'IPSO ha pubblicato le sue scoperte nel rapporto sullo Stato degli Oceani, raccolto ogni due anni dal monitoraggio globale a da altri studi di ricerca.

Alex Rogers, professore di biologia all'Università di Oxford ha detto: “La salute dell'oceano si sta degradando vertiginosamente di gran lunga più rapidamente di quanto avessimo pensato. Stiamo assistendo a un cambiamento più ampio, che avviene rapidamente e gli effetti sono più imminenti di quanto previsto precedentemente. La situazione dovrebbe essere la preoccupazione più seria per ciascuno, visto che tutti saremo colpiti dai cambiamenti nella capacità dell'oceano di sostenere la vita sulla Terra”.

Il corallo è particolarmente a rischio. L'aumentata acidità scioglie gli scheletri di carbonato di calcio che danno forma alle strutture delle barriere coralline e le temperature in aumento portano allo sbiancamento dove i coralli perdono le proprie alghe simbiotiche dalle quali dipendono. Il rapporto che gli attuali impegni dei governi del mondo per il taglio delle emissioni di carbonio non andranno abbastanza lontano e abbastanza rapidamente per salvare molte delle specie delle barriere coralline del mondo. C'è un ritardo temporale di diversi decenni fra il carbonio emesso e gli effetti sui mari, il che significa che un ulteriore acidificazione ed un ulteriore riscaldamento degli oceani sono inevitabili, anche se riducessimo drasticamente e molto rapidamente le emissioni. Non c'è traccia di questo, con le emissioni di gas serra ancora in aumento.

I coralli sono vitali per la salute della pesca, perché agiscono come asili per i giovani pesci e le specie più piccole che forniscono cibo per quelle più grandi.

Il biossido di carbonio nell'atmosfera viene assorbito dai mari – almeno un terzo del carbonio che gli esseri umani hanno liberato si è dissolto in questo modo, secondo l'IPCC – e li rende più acidi. Ma l'IPSO ha scoperto che la situazione è ancora più terribile di quella prevista dai migliori climatologi nel loro rapporto di riferimento la settimana scorsa.

Assorbendo carbonio e calore dall'atmosfera, gli oceani del mondo hanno protetto gli esseri umani dagli effetti peggiori del riscaldamento globale, dicono gli scienziati marini. Ciò ha rallentato il tasso di cambiamento climatico sulla terraferma, ma i suoi effetti profondi sulla vita marina si stanno comprendendo solo adesso.

L'acidificazione nuoce alle creature marine che dipendono dal carbonato di calcio per costruire le barriere coralline e le conchiglie, così come al plancton e ai pesci che dipendo da esso. Jane Lubchenco, ex direttrice del National Oceanic and Atmospheric – NOAA degli Stati Uniti e biologa marina, ha detto che gli effetti si sono già fatti sentire nella pesca di alcuni tipi di ostriche, dove le giovani larve non riuscivano a svilupparsi in modo appropriato dove i tassi di acidità sono maggiori, come sulla costa occidentale degli Stati Uniti. “Possiamo realmente vedere questo che accade”, ha detto. “Non è una cosa lontana nel futuro. E' davvero un problema molto grande”.

Ma i cambiamenti nella chimica dell'oceano vanno oltre, dice Rogers. Gli animali marini usano segnali chimici per percepire il proprio ambiente e localizzare prede e predatori e ci sono prove che la loro capacità di fare questo sia stata compromessa in alcune specie.

Trevor Manuel, un ministro del governo del Sud Africa e co-presidente della Commissione Oceanica Globale (Global Ocean Commission - GOC), ha chiamato il rapporto “un assordante campanello d'allarme sui grandi impatti dell'umanità sugli oceani globali”. “A meno che non ripristiniamo la salute degli oceani, vivremo le conseguenze sulla prosperità, il benessere e lo sviluppo. I governi devono rispondere in modo urgente come nei casi di minacce nazionali – a lungo termine, gli impatti sono altrettanto importanti”, ha detto.

Gli attuali tassi di rilascio di carbonio negli oceani sono 10 volte più rapidi di quelli che hanno preceduto l'ultima grande estinzione di specie, che è stata l'estinzione del Massimo Termico del Paleocene-Olocene, circa 55 milioni di anni fa. Gli scienziati dell''IPSO possono dire che l'attuale acidificazione dell'oceano è la più alta in 300 milioni di anni, secondo le registrazioni geologiche.

Essi hanno richiamato ad un'azione forte dei governi per limitare le concentrazioni di carbonio nell'atmosfera a non più di 450 ppm i biossido di carbonio equivalente. Ciò richiederebbe riduzioni urgenti e profonde nell'uso di combustibili fossili.

Nessun paese del mondo sta affrontando in modo proprio lo sfruttamento della pesca, ha scoperto il rapporto, e i quasi due terzi stanno miseramente fallendo. Almeno il 70% della popolazione mondiale di pesci viene pescata troppo. Dare alle comunità locali più controllo sulla propria pesca e favorire gli operatori di piccola scala rispetto ai grandi vascelli commerciali aiuterebbe a farlo, ha scoperto il rapporto. I sussidi che guidano la sovra capacità delle flotte di pescherecci dovrebbero essere a loro volta eliminati, istituite zone di conservazione marina e le attrezzature per la pesca distruttiva dovrebbero essere proibite.  Ci dovrebbe anche essere una gestione migliore delle zone di oceano che si trovano oltre in confini nazionali dei paesi.

Il rapporto dell'IPSO ha anche scoperto che gli oceani sono stati “deossigenati” - il loro contenuto medio di ossigeno è probabile che scenda del 7% per il 2100, in parte a causa del  defluire dei fertilizzanti e delle fognature nei mari ed anche come effetto collaterale del riscaldamento globale. La riduzione di ossigeno è una preoccupazione quando le aree di forte esaurimento diventano di fatto morte.

Rogers ha detto: “La gente semplicemente non sa dei ruoli importantissimi che gli oceani giocano nel sistema terrestre. Il fitoplancton produce il 40% dell'ossigeno dell'atmosfera, per esempio, e il 90% di tutta la vita negli oceani. Siccome gli oceani sono così vasti, ci sono ancora aree che non abbiamo mai visto veramente. Abbiamo una percezione molto limitata di alcuni dei processi biochimici del più grande ecosistema del mondo”.

I cinque capitoli del rapporto sullo Stato degli Oceani sono è un riassunto che è stato pubblicato sul Marine Pollution Bulletin, una rivista peer-review.

lunedì 21 ottobre 2013

La crisi della civiltà

Nafeez Mossadeq Ahmed parla della crisi della civiltà in un film di Dean Puckett. Dura oltre un'ora, ma vale la decisamente la pena di vederlo. Sottotitoli in Italiano di Massimiliano Rupalti.



venerdì 18 ottobre 2013

La vera ragione per cui non abbiamo agito rispetto al cambiamento climatico? Non siamo attrezzati per farlo

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (Peak & Transition Translators Team)

I climatologi del IPCC meritano un elogio per il fatto di continuare la lotta con un altro rapporto – generalmente gli esseri umani preferiscono negare




“L'IPCC sembra ipotizzare che non abbiamo ancora raggiunto la massa critica di conoscenza in cui la scienza galvanizza l'azione … Ma stiamo davvero soffrendo di una mancanza di conoscenza” Foto: Jim Reed/ Jim Reed/Corbis



26 September 2013

Venerdì, a Stoccolma, i climatologi dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) lanciano l'ultimo rapporto sulla scienza del clima. Hanno confezionato la loro saggezza accumulata in una agile sintesi per i politici. E questa è solo il primo di una serie di eventi. Lunedì, l'IPCC pubblicherà il rapporto completo di circa 1.000 pagine. Nella primavera del 2014 ci sarà un altro rapporto sugli impatti del cambiamento climatico e poi un altro sulla mitigazione e l'adattamento. Per ottobre del prossimo anno, il momento per il quale è programmata la pubblicazione della sintesi finale, tutto ciò avrà prodotto qualcosa nell'ordine delle 3.000 pagine, piene di fatti e cifre, per documentare quello che sappiamo sul cambiamento climatico, cosa sappiamo delle conseguenze e come possiamo affrontarle.

Francamente, siamo già passati di qui. Ogni cinque o sei anni, l'IPCC cerca di scuoterci con un'altra valanga di carta. Ci sono stati quattro rapporti di valutazione dal primo apparso nel 1990 e questo è il quinto. Ogni rapporto è più dettagliato e più sicuro della natura umana del cambiamento climatico, ma essenzialmente è più della stessa cosa. L'IPCC sembra ipotizzare che non abbiamo ancora raggiunto la massa critica di conoscenza dove la scienza galvanizzerà l'azione, quindi produce un rapporto dopo l'altro. Ma stiamo davvero soffrendo di mancanza di conoscenza?

Molto era già conosciuto circa l'aumento delle temperature, il livello del mare, la fusione delle calotte glaciali e gli eventi atmosferici estremi quando i politici si sono incontrati a Copenhagen nel 2009. Ciononostante non sono riusciti ad accordarsi su un'azione significativa. Quindi chiaramente questo non riguarda la mancanza di comprensione. C'è qualcosa di nobile nella fede incrollabile del IPCC nel potenziale di trasformazione della conoscenza. Ma allora perché gli ultimi quattro rapporti non hanno avuto effetti tangibili? Alcuni attribuiscono ciò alla situazione di stallo politico e questo in effetti può essere parte della spiegazione. Ciononostante, mi sembra che il nostro fallimento collettivo nell'affrontare il cambiamento climatico non sia semplicemente dovuto all'impasse politico o all'insufficiente conoscenza. Ci dev'essere qualcos'altro in atto.

E questo qualcos'altro ha molto a che fare col modo in cui siamo attrezzati come esseri umani. Spesso preferiamo negare piuttosto che affrontare i nostri problemi, per quanto possano essere ineludibili. Spesso ci sottraiamo alle responsabilità per la nostra parte del casino e speriamo che gli altri faranno le pulizie. Abbiamo una tendenza immorale all'ambivalenza quando sentiamo che il conto sarà pagato da stranieri lontani o dalle future generazioni. E siamo restii ad accettare come vero qualcosa che potrebbe mettere a rischio il nostro amato stile di vita. Pertanto, alcuni di noi sono più che disposti ad ascoltare i ciarlatani che ci dicono quello che vogliamo sentire, per esempio che il cambiamento climatico è una bufala e che dovremmo pensare positivo e tutto andrà bene.


Non fosse causato dall'uomo, si sarebbe tentati di dire che il cambiamento climatico è un problema che viene dall'inferno. Ha tutte le caratteristiche di un problema che non può essere risolto e forse nemmeno gestito. Ma alcune persone semplicemente non sono disposte a mollare. La posta in gioco è troppo alta per far questo e mentre la credenza nel potenziale trasformativo della conoscenza potrebbe essere eroica, non abbiamo niente di meglio. I climatologi dell'IPCC non possono essere elogiati a sufficienza per il fatto di tenere duro contro ogni difficoltà.



giovedì 17 ottobre 2013

La rana è stanca


Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR (Peak & Transition Translators Team)

Di Ugo Bardi

Dal blog “Il pessimista razionale  - The Rational Pessimist” - un post che fornisce molto cibo per la mente. Perché l'IPCC continua a fare in continuazione lo stesso rapporto, quando la gente ci si fa un bello sbadiglio sopra?

Il nuovo rapporto del IPCC e la fatica del cambiamento climatico

Sei anni fa, l'uscita del Quarto Rapporto di Valutazione (AR5) del IPCC ha causato una considerevole agitazione. Sospetto che la pubblicazione del Quinto Rapporto di Valutazione (AR5), con la prima puntata in arrivo questa settimana, sarà accolto da uno sbadiglio.

Cosa è cambiato? Citerei quattro grandi fattori: 1) la Grande Recessione, 2) la campagna ben coordinata e finanziata di scetticismo climatico, 3) lo iato nell'aumento delle temperature e, ultimo ma non meno importante, 4) la fatica del cambiamento climatico. Io sospetto in più che anche se da 1) a 3) non fossero avvenuti, 4) da solo sarebbe stato sufficiente a rompere l'inerzia di ogni azione per mitigare il cambiamento climatico.

Quindi, perché non possiamo mantenere la concentrazione su quella che dev'essere la minaccia più grande affrontata dall'umanità negli ultimi 10.000 anni? Forse perché il ritardo fra causa ed effetto, che nel caso del cambiamento climatico è misurato in decenni piuttosto che in anni, è troppo grande.

In passato, credevo che l'assicurazione sulla vita offrisse una speranza come modello di comportamento per valutare i rischi a lungo termine visto che l'industria è costruita su individui che valutano le conseguenze per decenni nel futuro. Ma nel caso dell'assicurazione sulla vita, gli individui possono prendere una pugnalata nella distribuzione del rischio futuro considerando la distribuzione del rischio attuale.

Una donna sulla ventina con bambini piccoli sa che c'è una possibilità esterna che essa (o il suo compagno) possa morire a causa di un attacco di cuore, un ictus o un cancro nei sui 30 o 40 anni. Perché Perché a parte poche centinaia di amici e conoscenti coi quali è entrata in contatto negli anni, essa probabilmente conosce, direttamente o indirettamente, più di una persona morta giovane. In breve, l'assicurazione sulla vita si fonde bene con una narrativa della vita personale di un individuo.

Ma il cambiamento climatico no. Il rischio è astratto nella misura in cui non c'è connessione con l'esperienza di vita di gran parte della gente. Anche i diagrammi dei tizzoni ardenti del Terzo Rapporto di Valutazione (TAR) del 2001 fa un lavoraccio nel comunicare il rischio (ed anche questo è stato escluso dal AR4 per motivi politici come potete leggere qui), visto che è solo una rappresentazione di categorie generali di rischio e non è basato sulle esperienze che gli individui possono interiorizzare:


Pertanto, mentre l'unità di misura decennale è appropriata per misurare la portata e gli effetti del riscaldamento globale antropogenico (AGW) appare troppo lunga perché l'azione sociale e politica si coalizzino. Ciononostante, il AGWsi muove alla velocità della luce se confrontato al cambiamento climatico naturale.

Il climatologo Stefan Rahmstorf, scrivendo nel blog tenuto da scienziati Real Climate, mette in evidenza un recente saggio di Marcott et al su Science che ricostruisce la temperatura globale a ritroso a oltre 11.000 anni fa. Questo periodo, chiamato Olocene, comprende gli anni da quando è finito l'ultimo periodo glaciale, che è generalmente commisurato all'ascesa della civiltà umana.


Come potete vedere, ci stavamo felicemente avviando al rallentatore verso una nuova era glaciale quando abbiamo cominciato a bruciare combustibili fossili. Rahmstorf poi ci fornisce gentilmente un grafico che aggiunge la storia pregressa della temperatura durante l'ultima era glaciale più la stima centrale del IPCC della temperatura fino al 2100 basata sulla traiettoria più probabile di emissione da combustibili fossili. Il cambiamento di passo è ovvio, ma non è ancora abbastanza veloce da avere un impatto sulle aspettative future degli elettori.


Senza alcuna urgenza visibile di mitigare le emissioni fra la maggior parte della popolazione, sembra che siamo ridotti a pregare che a) che la sensibilità climatica alla CO2 di manifesti nel limite minimo delle stime e b) che questo ci dia tempo sufficiente per una tecnologia energetica non fossile di protezione da sviluppare e portata su scala prima che il cambiamento climatico estremamente pericoloso sia insediato.

Questo è un puro e semplice gioco d'azzardo con un'alta posta in gioco: se non abbiamo fortuna con la sensibilità e la tecnologia, ci rimane un conto orrendo in termini di effetti negativi del cambiamento climatico. Sfortunatamente, non sembra esistere un modo di trasmettere questa minaccia in un modo che si intrecci con le storie di vita degli individui.